giovedì 27 marzo 2008

Elettrosmog sì o no: terza parte



Allora, come possiamo sapere se il traliccio davanti casa, scuola, ufficio trasmette nei limiti stabiliti? Purtroppo possiamo fare ben poco, perché prima di scomodare l’ARPA dovremmo avere la ragionevole certezza che questi limiti siano superati, e chi può darci questa certezza se non un sofisticato (e costoso) strumento di misura? Oltretutto pare che l’ARPA avverta prima i gestori telefonici circa il giorno in cui verranno effettuati tali controlli, vanificando l’effetto sorpresa. Un po’ come se la Guardia di Finanza avvertisse prima coloro cui vorrebbe controllare i libri contabili.

Per questo motivo, su richiesta di un amico blogger di vecchia data cui avevano piazzato un ripetitore sul tetto della palazzina di fronte, tempo fa costruii uno strumento economico ma sufficientemente preciso che potesse effettuare tali misure. Niente di geniale, nessuna invenzione, sia chiaro: un banale kit da acquistare e montare nel giro di un paio di sere libere.

Certo, esistono allo scopo strumenti molto più costosi, ma non è detto che siano più sofisticati: scorrendo le caratteristiche tecniche dichiarate dai costruttori, si scopre infatti che si può arrivare ad una tolleranza (l’errore in percentuale sulla misura effettuata) fino al 10%, e sinceramente da uno strumento da svariate centinaia di euro pretenderei un po’ di più. Probabilmente parte del prezzo è giustificato da tutta una serie di funzioni accessorie quali la possibilità di registrare la media delle letture lungo più ore di funzionamento, la possibilità di interfacciamento al computer e altre frocerie del genere. In fondo a me serviva uno strumento semplice, che facesse una sola cosa, possibilmente bene.
È lo strumento che vedete nelle foto, con il quale mi sono divertito in questi giorni a misurare il campo emesso ad alcune decine di metri di distanza dai ripetitori della mia zona.







Per la cronaca, sul terrazzo dell’attico del mio amico rilevammo valori piuttosto oltre il limite, anche se c’è da dire che la durata di questi “picchi” era sempre di pochi minuti. Sarebbe stato il caso di fare una media lungo le quattro ore almeno, ma non avevo tutto questo tempo da perdere, né mi andava molto di star lì a sorbirmi quelle emissioni. Così lasciai in prestito lo strumento all’amico, che per alcuni giorni rilevò sempre valori elevati. Quando avvertì l’ARPA e questi arrivarono (dopo del tempo) con i loro strumenti, stranamente quel giorno era tutto a posto. Di qui il sospetto…
C’è anche da dire che la legge esclude dai rilievi balconi e terrazze, perciò in fondo c’era solo da prendersela in der posto.




Come si vede dalle foto che pubblico, guarda caso in due misurazioni che ho effettuato ho riscontrato un livello superiore di emissioni, anche se di poco a dire il vero (6,6 V/m sotto l’ex torre serbatoio dell’acqua, e 6,9 V/m vicino al mio ferramenta fornitore di fiducia per le mie realizzazioni). Sempre per essere onesti, bisogna riconoscere che due campioni sono un po’ poco statisticamente parlando, inoltre nello strumento potrebbero entrare anche altre fonti di disturbo, come ad esempio i segnali televisivi.

Mentre effettuavo queste misure, tenendo lo strumento con la mano sinistra e la macchina fotografica con la destra per documentarvi il risultato, quelli che passavano facevano delle facce e dei commenti che andavano dal divertito (anvedi ‘sto matto, ma che cellulare strano che c’ha) al preoccupato (ma chi è, ma che sta a prepara’ un attentato?).

Comunque, in linea di massima, ritengo che si possa stare tranquilli. I tralicci sono aumentati nel corso degli ultimi anni, e questo anche se può sembrare paradosale non è un male, perché si creano più cellule base che trasmettono (da qui il nome di cellulare), quindi occorre una minor potenza per coprire il territorio. Io mi preoccuperei di più del cellulare vicino all’orecchio, per dire. Siate brevi (tra l’altro conviene economicamente) e usate l’auricolare il più possibile. Concludo con un po’ di aneddotica basata su esperienze vissute, tanto per fare capire a cosa si può andare incontro in casi estremi.

1) Mentre prestavo servizio nella Marina Militare (eh, sì), un giorno che facevamo delle prove di trasmissione a bordo di un incrociatore con un antenna fortemente direttiva (il discorso del lobo di radiazione, ma questa volta potremmo dire simile al fascio di luce di una torcia) vidi con i miei occhi un gabbiano eseguire un’ardita cabrata troppo vicino a questa antenna, e subito dopo cadere stecchito sul ponte di volo, letteralmente cotto.

2) Sempre in Marina, capitò un giorno che a tutti quelli che avessero stazionato un po’ più del solito nella saletta del fax, bruciassero insopportabilmente gli occhi, con forte lacrimazione.
Fuori della finestra di questa saletta, vicinissima, si ergeva dal giardino sottostante una grande antenna per le telecomunicazioni, simile ad un pennone per le bandiere. Risultò che quel giorno la potenza di trasmisione era stata inavvertitamente aumentata, e che il bruciore degli occhi era dovuto alla generazione di micro-correnti elettriche indotte nel liquido lacrimale, il quale presenta una certa naturale conducibilità.

3) Nella ditta dove lavoravo precedentemente si costruivano radar, di quelli per avere un’idea che vediamo girare negli aeroporti; per evitare di irradiare le abitazioni circostanti e gli stessi dipendenti, in genere a questi radar viene inibito via software un determinato settore (pensate alla fetta di una torta): dove c’è la fetta (le persone), il radar durante il suo giro si spegne automaticamente, mentre nel resto della torta (aperta campagna, mare, zone disabitate ecc.) il radar emette onde radio. Ebbene, un giorno venne accidentalmente invertito questo meccanismo, e ciò che notammo ad ogni “spazzolata” del radar verso di noi, fu lo “sfarfallio” dei monitor dei PC e soprattutto la spontanea accensione (per il tempo della spazzolata) delle luci al neon sul soffitto, senza che nessuno toccasse l’interruttore. Dopo furibonde telefonate ed un improvviso sciopero spontaneo, finalmente si decisero a notare l’errore.

Al di là di questi casi limite, in genere la radiofrequenza in cui siamo nostro malgrado immersi non è così pericolosa (mi riservo qualche dubbio su Radio Vaticana e Radio Maria, ma d’altronde c’è da capirli: la lieta novella va diffusa a qualunque costo).
Inoltre, anche se andassimo a vivere su una remota isola del pacifico, non sfuggiremmo alle “fotografie” radar con cui i satelliti artificiali bersagliano continuamente la Terra, quindi non stiamo a preoccuparci troppo dei tralicci per cellulari.

Questa serie di post ha affrontato la questione dell’elettrosmog ad alta frequenza, ma vi preannuncio che, tempo permettendo, tornerò ad affrontare la medesima questione sul fronte delle basse frequenze (tralicci per elettrodotti, impianti elettrici civili, trasformatori in stand-by, elettrodomestici, radiosveglie etc.).

FINE

lunedì 17 marzo 2008

Elettrosmog sì o no: seconda parte

Ci eravamo lasciati con la domanda su quali fossero i limiti di legge delle emissioni a radiofrequenza, e come fare per verificare che essi siano rispettati.

Come accennato nel post precedente, in Italia la legge N. 381 del 3/11/1998 (entrata in vigore il 2/1/1999) stabilisce all’art. 4 comma 2 il limite massimo che non si dovrebbe mai superare per un’esposizione prolungata (viene specificato un tempo uguale o maggiore a quattro ore): esso è di 6 Volt/metro (sei Volt per metro).
Indipendentemente quindi dalla frequenza emessa, si considera l’intensità di campo elettrico associato a tali emissioni. Anche se l’autorità competente in materia (l’ARPA, Agenzia Regionale Protezione Ambientale) afferma che il cittadino è tutelato da questa legge, avete mai visto qualcuno che controlli periodicamente queste emissioni? Io no. Non ci si deve perciò stupire se, dopo una prima rigorosa verifica da parte degli enti preposti, la potenza possa venire alterata abusivamente dai gestori per aumentare l’area di copertura, dato che ovviamente ciò costa molto meno che installare un nuovo traliccio (evitando quindi proteste e problemi vari con la gente, che non vuole il ripetitore però si lamenta se non c’è campo).

Al riguardo poi di questi fatidici 6 V/m c’è in giro un’ignoranza raccapricciante, specialmente su internet può risultare complicato discernere un sito con informazioni corrette da uno contenente bestialità: mi è capitato dunque di leggere 6 Watt/metro (confondendo dunque i Volt con i Watt). A parte il fatto che semmai dovremmo parlare di Watt per metro quadro, fatte le debite equivalenze questo valore equivarrebbe in realtà a 47,5 Volt/m, cioè un limite circa otto volte superiore a quello consentito dalla legge. I Volt sono una cosa, i Watt un’altra. Altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di due unità di misura diverse. Eppure nessuno si sognerebbe mai di confondere i chili con i metri. Forse l’unico che potrebbe riuscire, con la sua natura dialettica ma anche conciliante, a far convivere le due diverse grandezze, non potrebbe che essere lui: Watter Voltroni. (Va be’, un po’ di sano cazzeggio pre-elettorale ci sta, dài).

Altrove si afferma che tale misura andrebbe rilevata ad un metro di distanza dall’antenna, ignorando che il campo elettromagnetico diminuisce con il quadrato della distanza (se ad un metro misuro un tot, a due metri avrò tot/4, a tre metri avrò tot/9, ancora un metro e leggeremo tot/16, e così via). Ci serve invece sapere quant’è il campo nel nostro soggiorno, o peggio in camera da letto dove dormiamo per ben otto ore (seh, magari!); in altri contesti viene addirittura affermato che bisogna procurarsi una lastra metallica di un metro quadrato e collegarla ad un voltmetro per effettuare la lettura. Tutto ciò potrà disorientarvi se non siete del settore, ma vi assicuro che se chiedessimo lumi al Mago di Arcella forse ci direbbe meno cazzate.

In qualche forum ho anche còlto dell’allarmismo ingiustificato: ma come, in ogni ospedale è esposto un bel cartello che vieta di girare con il cellulare acceso, per evitare interferenze con le sofisticate apparecchiature elettromedicali (eh eh, vedi post sui cellulari in aereo) poi magari si esce fuori e – sorpresa! – si nota uno di questi ripetitori praticamente davanti l’ospedale, acceso ovviamente 24 ore su 24 e irradiando potenze di certo maggiori del nostro piccolo cellulare. Per non parlare dei ripetitori piazzati vicino agli asili.

La legge però è maggiormente cautelativa proprio riguardo questi ed altri siti particolari: le distanze minime dagli impianti infatti aumentano fino a 50 metri, e per quanto detto prima è facile calcolare che il campo emesso varrà 2500 volte di meno che non ad un metro di distanza dall’antenna.

E per quei ripetitori che noi della nostra palazzina abbiamo sdegnosamente rifiutato in assemblea condominiale, solo per poi vederceli piazzati sul tetto della palazzina di fronte? I proprietari di quello stabile hanno accettato il rimborso fornito loro dalla compagnia telefonica, tanto a loro che je frega... Anche se può sembrare strano ai più, chi starà peggio sarete voi e tutto il circondario, meno che… essi stessi!


Infatti come si vede in figura, il lobo di radiazione (tra due righe lo spiego) di queste antenne non è omnidirezionale, cioè non irradia ugualmente in tutte le direzioni: non servirebbe a niente disperdere potenza verso l’alto. Un po’ come quelle insulse lampade da giardino fatte a palla, la cui luce parte inutilmente anche in direzione di lontane galassie. Invece queste antenne sono fatte in modo da focalizzare l’emissione in una direzione preferenziale (larga sul piano orizzontale e stretta su quello verticale, come una specie di foglia di fico d’india): chi sta sotto riceve pochissimo segnale. Pensate al fascio di luce dei fari di un’auto nel buio, studiato per coprire un’area posta alcuni metri davanti l’auto ed orientati leggermente verso il basso: se questa luce vi dovesse servire per scorgere una moneta proprio sotto il paraurti, vi servirebbe a ben poco, vero? Lo stesso accade con i ripetitori, che “illuminano” tutta la zona intorno la quale sono piazzati (ma chi copre l’area sottostante a dove sono piazzati? Un altro ripetitore non lontano da lì, ma questa è un’altra storia. Paura eh?).

Ma Archimede, direte voi, hai fatto passare un’altra puntata senza dirci cosa possiamo fare per sapere se il traliccio davanti casa nostra (o a scuola dei miei figli, o davanti l’ufficio dove passo otto ore o più) trasmetta o meno entro i limiti di legge.

Avete ragione, ma per oggi ho debordato: posterò il seguito prima di quanto possiate pensare.